Ci sono alcune persone che, per motivi a me ancora incomprensibili, pur senza averne una conoscenza approfondita, in questo caso addirittura nulla, ti trasmettono immediatamente una sensazione molto piacevole, di complicità, di affinità, di somiglianza. E’ persino qualcosa di più del “è come se ti conoscessi da sempre”, è piuttosto un qualcosa assimilabile al rispetto e alla stima. E’ sicuramente qualcosa che attiene al linguaggio antico dei sentimenti, quello senza ornamenti superflui, senza spreco di parole. E’ una sensazione fulminante nella sua irragionevole istintività. Non mi piacciono molto le persone che parlano tanto, che per un niente sorridono, per ancora meno socializzano. Sono molto attratto invece dalle persone misurate, composte, loro sono sempre un po’ schive, trattenute perché discrete. Quando ne incontro qualcuna mi sembra di poter misurare in una mano il peso degli sforzi che hanno dovuto compiere per non sembrare, alla maggioranza delle persone, persone superbe e piene di se. Franco quella mattina mi sembrò così. Controllato, riservato, discreto, perfettamente dosato in tutti quegli ingredienti che preferisco e che accennavo prima. Anche fisicamente era così. Le linee del viso erano rigide, fredde e austere. E’ come se tutto, anche l’abbigliamento, fosse stato pulito del superfluo. Less is more mi verrebbe da dire. Ricevetti subito quella piacevole sensazione di conoscenza, di somiglianza, di complicità. Io ero ai miei primi giorni di lavoro. Aspettavo il pullman per Matera ed ero abbastanza impaurito dei compiti che sin dall’inizio mi erano stati affidati. Ci sedemmo vicini e con una certa fretta ci scambiammo subito alcune informazioni. Pensai che la sensazione piacevole l’avvertisse anche lui. Giorno dopo giorno le nostre discussioni divennero sempre più fitte e pregne di un’intesa nascosta. Si parlava ovviamente di politica ma anche di qualcos’altro. I miei viaggi in Pullman per Matera non durarono tantissimo, solo pochi mesi che lo stesso bastarono per apprezzare molto quella persona.
Ora Franco non c’è più e Pietro scrive questa bellissima cosa che non si riesce a leggere, se non tutto d’un fiato. Io, per conto mio, so già che fatti, gesti ed espressioni, rimarranno per sempre dentro di me, nei miei occhi e nelle miei mani.
L’altro giorno lo vedevo e non riuscivo a non pensare a quello che è stato il percorso di dolore di Angela, e quindi mio, dopo la morte del padre. Non riuscivo a non pensare a Pietro, a Nicola ad Angela e Cinzia. Ricordo gli occhi della moglie di Franco. Lo volli accarezzare a lungo, volli sentire il freddo sotto le dita quasi a sfidare il tormento, l’angoscia, la grande tristezza, l’impotenza. Per tutto quel lungo percorso ho registrato tutti i sussulti che l’anima di Angela aveva. Ogni giorno c’era da registrare qualcosa. E’ stato un percorso lungo e tortuoso, dove ogni giorno si trovavano sofferenze, tu pensavi di averle superate, di incontrarne qualcuna nuova, appena più blanda di quella precedente e invece trovavi davanti sempre la stessa intensità che pensavi di esserti lasciato alle spalle. Un percorso concentrico. E’ banale dirlo ma è come se non ci si rassegnava al fatto che nella sofferenza non si poteva che soffrire. E invece non esisteva una sofferenza che non era sofferenza, una sofferenza che non si poteva non viverla, che non la si poteva sentire dentro in tutta la sua asprezza. Và vissuta e a nulla vale provare persino il desiderio di sbiadire i ricordi come tentativo di uscita dalla sofferenza che ti stringe alla gola. Và vissuta fino in fondo, per intero, con umiltà e rispetto ed è incredibile quanta felicità è possibile trovarci.